Trieste
- Largo don Francesco Bonifacio, Viale XX Settembre e dintorni |
Viale XX Settembre,
già Via dell'Acquedotto, il cui nome deriva dalla presenza di
un "canale di pietra sostenuto da pilastri e da archi che avevano
fatto costruire i romani, il quale conduceva l'acqua sino all'Arena,
distrutto dai Longobardi, poi ricostruito nel 1750 da Maria Teresa.
Il Viale viene ricordato dalle fonti dell'epoca come "Passeggiata
dell'Acquedotto, un tempo molto frequentata perché portava al
Boschetto e vi si poteva godere del verde delle colline. Si deve alla
volontà di Domenico Rossetti la creazione del passeggio con la
sistemazione degli alberi completata nel 1808. |
L'Acquedotto di Maria Teresa: Dopo la distruzione e l’incendio della città, quindi anche dell’acquedotto di Bagnoli, da parte dei Longobardi, nel 568 d.C, la popolazione di Trieste andò drasticamente riducendosi, colpa anche del persistere di guerre, pestilenze e carestie, fino a 3-4.000 abitanti, entità che mantenne per tutto il medioevo. L’approvvigionamento idrico in questo periodo quindi si basò solamente sulle fonti locali: le abitazioni più ricche disponevano nel giardino di pozzi, mentre le gente comune ricorreva al fontanone pubblico, generalmente posto al centro della piazza, alimentato da qualche sorgente sotterranea. Dopo l’avvio del Porto Franco (1719), la città cominciò a crescere così freneticamente da rendere da subito inadeguato il vecchio secolare sistema di approvvigionamento basato sulla sola presenza di pozzi, di serbatoi o cisterne d’acqua piovana e di fontane pubbliche; era necessario un rifornimento continuo, abbondante, per far fronte alle esigenze, non soltanto civili, ma anche industriali, che andavano man mano crescendo. L’acquedotto voluto da Maria Teresa venne fatto costruire, con Decreto Imperiale del 19 novembre 1749, utilizzando la stessa fonte, e probabilmente lo stesso percorso, dell’acquedotto Romano esistente in prossimità alla vecchia chiesa di San Pelagio e San Giovanni, per l'approvvigionamento d’acqua inizialmente soltanto delle tre principali fontane della città. Nel 1751 l'acquedotto era compiuto, tuttavia, sin dai primi anni di funzionamento, furono attuati a più riprese, poiché la popolazione andava crescendo sempre più a causa della continua espansione del porto, molti potenziamenti, scavando lunghe gallerie sempre più in profondità fino a raggiungere la falda sotterranea. I costi della costruzione furono addebitati, per volontà di Maria Teresa, all’Erario, utilizzando i proventi del dazio sul pesce. (Da: Trieste che non c'è più - Dino Cafagna) |
Il Viale inizia da Largo don Francesco Bonifacio, tra Via
Cesare Battisti e Via Giusto Muratti, con la fontana dei Mascheroni |
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L'ex teatro-cinema Excelsior tra la Via Giusto Muratti e la via Francesco Crispi. |
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La nuova Fontana di Giano Bifronte o "dei due mascheroni" in alluminio lucidato, del peso di 150 kg ciascuno, alta tre metri e mezzo, è stata sistemata, nel 2004, in Largo Bonifacio, dopo la riqualificazione e la ripavimentazione della prima parte del Viale firmata dagli architetti Luciano Celli e Marina Cons. La fontana è stata posta proprio dove era sistemato il cancello che all’inizio dell’Ottocento chiudeva l’entrata a questi terreni. Il Giano Bifronte, figura mitologica, con i suoi mascheroni contrapposti simbolicamente indica le due direzioni dello spazio (entrata e uscita), ma anche la nascita e alla fine di ogni cosa o lo sguardo della città verso il passato e il futuro. I due volti, un uomo e una donna, scelti per la figura di Giano, derivano dal calco di due mascheroni situati sulla cornice sotto la gronda del Politeama Rossetti, e anche questo, quali classiche maschere teatrali, vuol simboleggiare un luogo, il Viale, preposto allo spettacolo, dove sono sorti i primi cinematografi, i teatri (e in particolare il Politeama Rossetti), i cabaret nei caffè, i circhi e le fiere. Dalle bocche delle maschere fuoriesce dell’acqua che cade in una vasca di quattro metri e mezzo. Anche questo ha un significato simbolico: infatti da qui passava l’antico acquedotto cittadino. Insomma una fontana “traboccante” di simbolismi. (Fonte: Dino Cafagna) |
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Viale
XX Settembre (già via dell'Acquedotto) è una delle principali
arterie pedonali della città di Trieste. Si estende per oltre
un chilometro ed è distribuito su quattro delle sette circoscrizioni
di Trieste (ovvero i quartieri di Cologna, Borgo Teresiano, San Giovanni
e Chiadino). Il primo tratto è completamente pedonalizzato mentre
nella seconda parte possono circolare le autovetture. Il viale deve
il suo nome alla Breccia di Porta Pia, verificatasi appunto il 20 settembre
1870. In passato la strada era conosciuta come via dell'Acquedotto,
siccome ancora oggi transita l'acquedotto cittadino sotto il cemento. |
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Curiosità: La nascita del Viale….fu Domenico Rossetti, che possedeva una villa situata dove circa oggi c’è il Politeama, che fece sgombrare la strada di accesso alla sua proprietà (un sentiero sconnesso, poco più che una mulattiera, percorso però nei giorni festivi dai gitanti, che seguendo gli argini dell’acquedotto, arrivavano fino alle pendici del Farneto) dalle immondezze, dai cespugli, dall’erbaccia e ricoprire i fossati d’acqua stagnante, allargando e appianando il sentiero. Amante di giardinaggio fece piantare a sue spese lungo la nuova contrada un solo filare d’ombrosi alberi, di tigli alternati a pseudo-acacie, posizionando, a intermittenza, anche delle panche in pietra. Dalla parte opposta si cominciarono a costruire dei semplici caseggiati a uno o due piani. Questa comoda strada, voluta da Domenico Rossetti, cominciata nel 1807 e finita l'anno dopo nel 1808, fu da lui messa a disposizione della popolazione, consacrandola definitivamente, come “Contrada dell’Acquedotto”, quale primo passeggio alberato della città. (Fonte Dino Cafagna) |
Sopra e sotto: Palazzo
Viviani-Giberti tra Viale XX Settembre, Via Giuseppe Lorenzo Gatteri
e Via Giuido Brunner: Il sito, su cui si trova l'edificio in esame,
in origine risulta occupato dai terreni estesi al di là del ponte
chiamato Chiozza, nel corso dell'Ottocento da case per abitazioni poi
demolite. Il palazzo viene realizzato entro il 1907, in base ai progetti
del 30 novembre 1906 e 23 luglio 1907 firmati da Giuseppe Sommaruga
(1867-1917), architetto milanese, allievo antiaccademico e anticlassico
di Camillo Boito, responsabile a Trieste della diffusione dello stile
floreale e liberty di ascendenza lombarda, tra cui si segnala l'esempio
di Palazzo Castiglioni, analogo al caso triestino. Entrambii disegni
portano il timbro degli ingegneri Viviani e Giberti, titolari dell'omonima
impresa di costruzioni e proprietari del fabbricato; agli ingegneri
triestini è attribuita l'ideazione dei prospetti laterali. |
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Il
progetto iniziale prevede la realizzazione di un impianto occupante
il pianoterra e il primo piano, costituito da un nuovo teatro, dal "Cafè
Concerto" e dal "Restaurant", mentre ai piani superiori
unità abitative. Tale struttura non viene però realizzata
completamente; si completa l'allestimento del nuovo Teatro Filodrammatico,
inaugurato la notte di Natale del 1907, quando il giornalista de "Il
Piccolo" registra l'urgenza di "mettere le vetrate all'atrio
del bigoncio, perché altrimenti un'ondata di freddo entra nella
sala". Allo stato delle testimonianze dell'epoca, infatti, i lavori
sono conclusi sono alla fine del 1908, data in cui "alla galleria
libera e inedita , aggettante con curva e controcurva sulla platea e
suddivisa al lati da basse tramezze formanti due serie di scomparti,
si accedeva attraverso un'agile scala a tenaglia di cui l'ultima larga
rampa apriva un più fluido collegamento tra il buffet e il restante
organismo teatrale" (Guacci, 1967, p. 8). Le fonti contemporanee
ricordano la bellezza delle pitture sulla copertura del vano scale di
Giovanni Zangrando e le decorazioni a calcestruzzo di Carlo Pirovano. |
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L'apertura della sala teatrale "filodrammatica", affidata
alla Compagnia comica di Sichel-Galli-Guasti, viene patrocinata in origine
da Rodolfo Ulmann, per essere ceduta dopo appena un anno a Windsbach
e Covaz Brun, con il nome di "Eden". Allo stesso periodo risale
l'apertura del "Caffè Eden", conosciuto in seguito
anche con il nome di "Caffè-chantant", sotto la direzione
di Ernesto Windspach. Nel 1938 il teatro, ospitante opere in prosa e
spettacoli di caffè-concerto, viene ribattezzato "Supercinema
Principe", per tornare ad assume l'originario nome solo alla fine
degli anni Cinquanta del Novecento. L'attuale denominazione di "Cinema
Ambasciatori" risale agli anni Novanta, quando il palazzo è
stato interessato da un progetto di restauro generale. (da: biblioteche.comune.trieste.it). Le figure femminili sono opera degli scultori Romeo Rathmann e Romeo de Paoli. E, come da usanza triestina di battezzare in forma umoristica statue e case, Sonoconosciute come "Gigogin" e "Barbara", i nomi di due famose "vedettes" dell'allora vicina casa di tolleranza conosciuta come la "Villa Orientale". Descrizione morfo - tipologica:Il palazzo, con corpo di fabbrica a forma di "U" a sei piani fuori terra, sorge su un lotto posto in testa ad un isolato rettangolare. Affaccio principale su Viale Venti Settembre, secondari su Via Gatteri e Brunner. Impianto analogo per tutte e tre le facciate. Il pianoterra presenta rivestimento a fasce di bugnato rustico, su cui si sprono fori commerciali, concluso da un ricco bassorilievo con motivi floreali. I piani superiori, trattati ad intonaco grezzo che simula un rivestimento a conci di pietra, sono articolati da aperture arricchite da fregi e pannelli decorativi a rilievo realizzati a calcestruzzo. Al terzo piano si trovano dei balconcini decorati da motivi floreali. Le cornici delle finestre presentano elementi decorativi diversi per ogni livello. Il quinto livello è caratterizzato da aperture arricchite da colonnine. All'ultimo piano piccole finestre rettangolari sono intervallate da pannelli a rilievo. Nella facciata principale la parte centrale viene evidenziata dall'ampio ingresso ornato da due enormi statue raffiguranti figure femminili in cemento plastico e nella parte superiore da due putti dello stesso materiale che sorreggono il balcone. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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Casa Valle del 1836 (?)
dell'architetto Valentino Valle in Viale XX Settembre 31 |
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Viale XX Settembre angolo Via Ugo Polonio |
Viale XX Settembre angolo Via Ugo Polonio |
Sopra
a destra: La "Civica Scuola Reale Superiore" di Trieste ebbe
sede iniziale in via S. Lazzaro nell'edificio noto una volta come "Casa
Muratti", ricordiamo infatti che fino al 1877 il Comune si era
semplicemente limitato a prendere in affitto i locali, destinati all'uso
scolastico, da persone private. Nel 1879 si vennero a realizzare però
due presupposti di particolare importanza che costrinsero il Comune
ad adottare una drastica quanto definitiva soluzione: viste le precarie
condizioni architettoniche in cui verteva il presente fabbricato e l'eccessivo
importo della pigione si decise, allo scadere del contratto di affitto
nell'agosto del 1879, di costruire un apposito edificio su progetto
dell'ing.Boara. L'iniziale cifra pattuita per l'erezione di uno stabile
sul fondo comunale prospiciente via dell'Acquedotto venne ben presto
superata arrivando a sfiorare la somma complessiva di 215,000 fiorini.
L'elevato costo della scuola trovò la sua giustificazione nelle
migliorie apportate al progetto originale: la pietra bianca anziché
la malta per il bugnato dell'affaccio principale, il moderno impianto
di acqua e gas e altre innovazioni. Sopra il pianterreno, dove trovarono
ubicazione l'ufficio del direttore, la sala per le conferenze, i servizi
e la biblioteca, si innalzarono altri due piani destinati a 12 aule.
L'edificio ospita attualmente la scuola media statale "Divisione
Julia" sorta per effetto della legge n. 899 del 1 luglio 1940 e
funzionante allora presso il liceo F.Petrarca trasferitasi proprio nell'edificio
di via dell'Acquedotto nel 1923. Edificio occupa un isolato completo
del Borgo Franceschino, tagliato in forma trapezoidale dalla diagonale
del Viale XX Settembre su cui si affaccia il fronte principale. (da:
http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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Sopra e sotto: Casa Agnani (1901) - Trieste, viale XX Settembre 32 - via Rossetti 8 - Arch. Eugenio Geiringer - Ai primi del 1900 c'era il famoso Caffè Secesion |
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Curiosità: Di fronte al n. 32 del Viale, all'incrocio con l'attuale via Rossetti, sorgeva, quasi al centro del Viale, un ultracentenario platano, unico superstite del giardino Rossetti. Si racconta infatti che Domenico Rossetti fosse solito riposarsi, sonnecchiando dopo pranzato, all'ombra delle sue fronde. “L’albero del Rossetti”, come i triestini non più giovani usavano ancora chiamarlo, era considerato un’istituzione cittadina, non solo perché ultimo testimone della storia e delle proprietà della nobile famiglia dei Rossetti, ma anche perché spettatore, con la sua ultracentenaria presenza, della vita, delle mode, dei costumi, degli usi, delle chiacchiere, ecc. di questa parte della città. Fu soprattutto testimone del progressivo passaggio da un ambiente del tutto agreste e silenzioso all'attuale intensa, caotica, rumorosa urbanizzazione. Fu demolito nel 1993, ormai centottantacinquenne, perché ormai pericolante. Negli anni settanta, i studenti liceali, che non avevano ancora una fidanzatina, amavano darsi appuntamento, prima di organizzare il pomeriggio, in alto del Viale, sotto l’albero, che venne così denominato l’”albero dei Bechi”. (Fonte: Dino Cafagna) |
Casa tra Via Enea Sivio Piccolomini e Viale Venti Settembre |
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Sopra: Teatro Politeama Rossetti - Descrizione storica :La Società Anonima del Politeama Rossetti, gruppo di azionisti privati con a capo il barone Emilio de Morpurgo affidò nel 1877 al genovese Nicolò Bruno e al ticinese Francesco Scalmanini la progettazione di un nuovo teatro sul Viale dell'Acquedotto. La costruzione, in stile eclettico, fu realizzata dall'impresa di Giovanni Righetti ed il teatro inaugurato il 27 aprile 1878. Nel 1928 un primo restauro fu affidato a Umberto Nordio. Il provvedimento di tutela fu imposto nel 1956, ad avvenuta cessazione di ogni attività teatrale, per scongiurare il pericolo di una speculazione fondiaria e demolizione dell'edificio. Gli inviti al recupero della struttura ed alla riapertura del teatro rimasero vani sino alla decisione di Ugo Irneri, nel 1967, di acquistare l'edificio che ormai minacciava di crollare, a causa delle infiltrazioni di acqua dal tetto. Anche in questa occasione la progettazione fu affidata ad Umberto Nordio. Un ulteriore intervento di recupero fu realizzato su progetto di Luciano Celli e Marina Cons. Il Politeama è stato oggetto di radicali trasormazioni che ne hanno profondamente alterato i suoi caratteri originari; mantiene, invece, alto il suo valore testimoniale avendo rappresentato, per ben oltre un secolo, uno spazio di confronto democratico e culturale, aperto alle manifestazioni liberal-nazionali ed a quelle socialiste, alla prosa proposta dalle grandi compagnie nazionali e da quelle dialettali, ai concerti sinfonici ed ai moderni cantautori. |
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La facciata su Via Piccolomini, disposta a pendio, presenta una formula simile al prospetto sul vilae nelle parti laterali, mentre al centro emerge l'imponente portico d'ingresso con scalinata e colonne ioniche su alti piedistalli, a sostegno della veranda superiore. Tale struttura presenta una vetrata suddivisa in piccoli rettangoli con cornice chiara, inframmezzata da quattro colonne ioniche che sorreggono la trabeazione di coronamento. A lato si trovano due nicchie entro cui sono collocate due statue. Elementi decorativi:Elementi ornamentali esterni Desc. el. decorativi:FREGI (esterno): Fregi a rilievo con decorazioni a motivi vegetali e geometrici in corrispondenza delle lunette e architrave delle finestre e della trabeazione del secondo e terzo livello fuori terra. LESENE (esterno): Lesene con capitello ionico e decorazioni a rilevo con motivi floreali in corrispondenza del secondo e terzo piano fuori terra. GHIRLANDE (esterno): Ghirlande a rilievo nelle specchiature inferiori alla veranda del terzo piano del prospetto su Via Enea Silvio Piccolomini. COLONNE (esterno): Colonne di rodine gigante su alto basamento con capitello ionico in corrispondenza dell'ingresso sul prospetto di Via Enea Silvio Piccolomini. STATUE (esterno): Coppia di statue in terracotta raffiguranti figure femminili in corrispondenza delle nicchie laterali alla veranda al terzo piano del prospetto di Via Enea Silvio Piccolomini. |
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Sopra: Casa tra Viale XX Settembre e Via Giorgio Strehler |
A sinistra e sopra: Viale XX Settembre 59 |
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Sopra:
Il 9 marzo del 1878 il Civico Ufficio delle Pubbliche Costruzioni, nelle
veci dell'ing. Boara, approvava, con decreto n. 567, il progetto di
costruzione di un caseggiato ad uso di abitazione privata nella zona
dell'Acquedotto ora Viale XX Settembre. La via, chiamata così
per la presenza, sin dal 1750, di un acquedotto romano che conduceva
in città le acque dalle sorgenti di San Giovanni, cominciò
ad essere fortemente urbanizzata a partire dalla metà del XIX
secolo. L'elegante edificio a quattro piani, elaborato nei decori dei
timpani delle finestre del terzo livello, presenta un pregevole balconcino
in pietra che conferisce all'intera struttura dignità ed eleganza.
Una targa marmorea, a fianco del portone d'ingresso, ci ricorda che
il fabbricato fu donato al Comune nel 1984: "Bianca Maria Camerino
destinò quest'edificio all'Ente comunale di assistenza, anche
per onorare la memoria di Moise e Fortunata Norse dal quale esso pervenne
a suo padre, a perenne attestazione di gratitudine". Descrizione morfo - tipologica: Edificio posto all'inizio di una serie palazzi ottocenteschi con affaccio principale su Viale XX Settembre. In stile neoclassico a pianta rettangolare di composizione fortemente simmetrica, con prospetti architettonici secondari semplificati; in elevazione quattro livelli fuori terra ed un sottotetto. Corpo scala centrale addossato longitudinalmente al corpo di fabbrica principale e contiguo ad un edificio retrostante, funzionalmente indipendente ma con cavedi in comune; collegato all'edificio principale da un arco ribassato. Scala con accesso dal portone centrale, del tipo a due rampe in pietra appoggiate su putrelle metalliche; vano scala a pianta rettangolare. Strutture verticali in blocchi di pietra arenaria, orizzontamenti lignei e copertura lignea a due falde inclinate; manto di copertura in coppi curvi rossi. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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A sinistra e sopra: Viale XX Settembre 58 |
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Sopra: Descrizione storica:Tra le prestigiose architetture che qualificano l'antica via dell'Acquedotto, ora viale Venti Settembre, si colloca il palazzo edificato su disegno dell'architetto Antonio Bacichi. Il progetto di costruzione, datato 1881, riprende nelle sue linee essenziali le caratteristiche proprie della coeva produzione architettonica per la ricca borghesia cittadina, partecipando così al rapido sviluppo edilizio del Borgo Franceschino del XIX secolo. Conforme allo stile eclettico delle prestigiose "case d'abitazione" prospicienti "l'ameno passeggio", il prospetto principale si caratterizza per l'eleganza decorativa che si palesa attraverso ricchi fregi e modanature; la superficie muraria è ripartita in tre settori orizzontali, a partire dal basamento con rivestimento a bugnato liscio, su cui si imposta una struttura con lesene ioniche di ordine gigante. L'ultimo piano è arricchito da pannelli decorativi alternati a fori finestra. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) |
Viale XX Settembre 94 e 96 |
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Viale XX Settembre
90 e 92 |
A sinistra e sopra: Viale XX Settembre 66 |
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Sopra e a destra: Viale XX Settembre 87 Casa di Candido Mayer costruita nel 1903, su progetti dell’arch. R. De Paoli. |
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Viale XX Settembre 77 |
Viale XX Settembre 85 |
A sinistra e sopra: Viale XX Settembre 102 |
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Viale XX Settembre 40 e 42, costruite nel 1873 dell'avv. Arrigo Macchioro
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Sopra: Viale XX Settembre 89 - Casa del 1902 dell'architetto C. Mosettig |
Casa
Marin dello scultore Giovanni Marin, noto per i suoi monumenti funebri.
La casa del 1905 è stata progettata dagli architetti Ruggero
e Arduino Berlam. |
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Le finestre del piano nobile sono caratterizzate da balaustre sorrette da colonnine e da archi incassati a tutto sesto. Al centro si apre un balcone con balaustra a colonnine. Anche le finestre del terzo piano sono ad arco incassato, mentre quelle del piano superiore sono rettangolari, ma collegate fra loro da cornici e sormontate da fregi decorativi. L'edificio termina all'ultimo piano con un loggiato di esili colonne e con un largo fregio sotto la linda del tetto. Elementi decorativi:Elementi ornamentali esterni Desc. el. decorativi:- ELEMENTI ORNAMENTALI (esterno) Fregi decorativi con elementi geometrici e floreali sulle cornici e sulle lunette delle aperture. MASCHERONI (esterno) Mascheroni raffiguranti volti femminili sostengono l'architrave del portale d'ingresso BALCONE (esterno) Balcone all'altezza del secondo piano con balaustra a colonnine su cui si impostano delle arcatelle. (biblioteche.comune.trieste.it) |
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Sopra e sotto: La breve scalinata che collega la fine di Viale XX Settembre a Via dei Bonomo |
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Via dei Bonomo - Denominazione ottocentesca che ricorda la nobile famiglia triestina dei Bonomo (o de Bonomo) erano feudatari di San Dorligo e di San Giuseppe (Rizmanje), risultano membri della Confraternita dei nobili. Furono uomini d'arme, di chiesa e di toga, che secondo la tradizione vantavano origine romana. Citerò Pietro Bonomo (Trieste, 1458-1546) cancelliere, abbracciò lo stato ecclesiastico nel 1490, fu incaricato di missioni diplomatiche, strinse rapporti con Ludovico il moro. Divenuto vescovo di Trieste (1502), fu consigliere dell'imperatore Massimiliano a Vienna e dal 1519 uno dei reggenti dei domini ereditari austriaci. Nominato dall'arciduca Ferdinando nel 1521 Gran Cancelliere e capo del consiglio di corte, Bonomo, fu uno degli artefici dell'editto di Worms contro Martin Lutero, nel 1522 divenne presidente del Consiglio di corte. Ritiratosi dalla vita politica nel 1523, fu umanista e poeta. (Tratto da Vie e Piazze di Trieste Moderna di Antonio Trampus) |
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Via
Francesco Crispi |
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Via Francesco Crispi vista da Via Ireneo della Croce |
Via Ugo Polonio: Casa Dollinar del 1935 dell'Architetto R. Tauceri |
Sopra a sinistra: Scala Ireneo della Croce (82 gradini) La prima che incontriamo a non più di 100 metri dall’incrocio con via Rossetti scende verso il Viale terminando in via Giulia con il nome di Ireneo della Croce, insigne storico di Trieste, che forse meritava di dare nome a qualche strada o piazza più importante. Solo grazie a lui, vissuto tra il 1600 e 1700, pezzi di nostra antica storia non sono andati perduti per sempre. La scala Ireneo della Croce apre le sue braccia dal Viale in su verso la via Crispi, inglobando l’ingresso di una galleria che nei documenti ufficiali è chiamata “Galleria di Viale XX Settembre” e che, con una grande curva ad U sotto il monte, porta all’ uscita sotto la scala San Luigi ossia davanti alla Piazza Giuliani. I documenti dicono 239 metri che a me, occhio e croce, sembrano pochi. Ma poco o nulla importa. Quello che conta è che abbia dato buon ricovero alle persone del rione durante i bombardamenti anche se questa zona è passata quasi indenne da quelle tristi vicende delle bombe sulle nostre case. (www.lamiatrieste.com) |
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Via Guido Brunner |
Via Guido Brunner angolo Via Francesco Crispi |
Via Guido Brunner angolo Via Francesco Crispi |
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